L’intermediazione finanziaria è un’attività conosciuta e molto diffusa. Essa è nata, per la prima volta, negli anni ’30 del ‘900 come frutto di una serie di eventi molto particolari per l’economia mondiale, quali il tracollo economico della Borsa americana a Wall Street e il declino industriale ma, allo stesso tempo, il diffondersi di attività di investimento, di intermediazione mobiliare ed assicurativa, inizialmente messe a disposizione solo dalle banche, in un secondo momento caratterizzano l’attività anche di soggetti autonomi, seppur esperti del settore. Sarà, però, necessario aspettare gli anni ‘70 – ’80 perché le prime società di intermediazione finanziaria conoscessero un ampio e vasto sviluppo. Per questo motivo, in una recente pubblicazione a firma Tiziana Luce Scarlino e Gianluigi Rosafio, con il team di Taurisano, leggiamo che l’intermediazione finanziaria è l’attività di intermediazione tra una domanda ed un’offerta di moneta e tra una domanda ed offerta di strumenti finanziari di diversa natura.

I protagonisti di un’attività di intermediazione finanziaria sono gli intermediari finanziari, figure di mediazione tra due soggetti: da un lato, le “unità in deficit”, rappresentate generalmente dalle imprese e dalla Pubblica Amministrazione, realtà che hanno necessità di risorse economiche per finanziare le proprie attività; dall’altro, le “unità in surplus”, a cui appartengono le famiglie dotate di un reddito sopra eccedente, così da poterlo usare in una prospettiva di breve o lungo periodo.

Partendo dalle caratteristiche delle unità in deficit o in surplus, chiarisce ancora l’imprenditore ed esperto in materia Gianluigi Rosafio, riguardo la tipologia di titoli e dal tempo in cui si deciderà di fare uso delle risorse finanziarie, è possibile fare una differenza tra le diverse tipologie di mercati finanziari, distinguendoli in: o mercati primari o secondari, in base ai titoli (azioni, obbligazioni) emessi ex novo oppure già emessi in precedenza e poi commercializzati (sottoposti a nuova vendita o acquistati in un secondo momento); i mercati monetari o dei capitali, a seconda della reale disponibilità “delle unità in surplus di impiegare le proprie risorse monetarie per periodi inferiori all’anno oppure superiori”. L’attività di intermediazione finanziaria ha acquisito, con il tempo, un’importanza sempre maggiore, principalmente per tre motivi:

  1. La mancanza di informazioni adeguate nell’ambito del settore finanziario;
  2. La scarsa o mancata conoscenza e preparazione degli investitori in tema di questioni finanziarie ed investimenti, rendendoli spesso vittime di raggiri e truffe;
  3. I sempre più diffusi fenomeni di disuguaglianza informativa, che ha come conseguenza la mancata capacità di poter prevedere modifiche successive dei prezzi di un investimento.

Questo causa una “mancanza di correlazione con i prezzi storici e trend passati, che rispecchiano una cosiddetta efficienza del mercato in forma debole” e richiama la forte necessità di ricorrere ad un’azione di intermediazione finanziaria. Ricorrendo ad un’attività di questo genere, infatti, i fornitori di fondi possono conseguire benefici di diversa natura, quali un decremento dei costi di controllo e di ricerca delle informazioni su un’impresa e sulla sulla attività, la diminuzione del rischio di liquidità e un importante decremento dei costi di transazione. L’attività di intermediazione finanziaria, ricorda Tiziana Scarlino, è principalmente portata avanti da figure dotate di alta preparazione in materia finanziaria, in grado di  portare avanti attività di investimento, consulenza e altre operazioni del settore. Tuttavia le maggiori azioni di intermediazione finanziaria svolte sono soprattutto da banche d’investimento, dalle compagnie assicurative, dalle società di gestione del risparmio (SGR), dalle società di intermediazione mobiliare (SIM) e dai fondi pensione.